Cos’è e come si cura una delle patologie dell’orecchio più gravi: farmaci, chirurgia e un nuovo metodo dagli Usa, il dispositivo Meniett.

La sindrome di Meniere è una patologia dell’orecchio interno che si manifesta attraverso diversi sintomi: vertigini (sensazione che il mondo ruoti oppure di instabilità e perdita di equilibrio), alterazioni dell’udito e sordità, acufeni (cioè rumori che si avvertono nell’orecchio), dolore e fastidio all’orecchio interno. Alla sindrome si associa anche il nistagmo oculare, cioè un movimento degli occhi involontario spesso collegato ad anomalie e patologie dell’apparato vestibolare. A tutti questi sintomi è possibile che si associ la presenza di diarrea, di nausea e di vomito.

Va detto che la sindrome di Meniere non è molto diffusa ma, se compare, è estremamente invalidante ed è quindi possibile fare richiesta di invalidità civile. Le cause per le quali si può essere affetti sono varie, ma si tratta per lo più di ipotesi. Si tratta di infezioni a carico dell’orecchio interno o delle vie superiori: ereditarietà; conseguenza di altre patologie autoimmuni; stress psicogeno associato ad ansia.

Sempre in base ai sintomi osservati si può dividere la malattia in tre stadi. Il primo stadio presenta sintomi come vertigini di tipo rotatorio e ipoacusia fluttuante a cui si associano sintomi sistemici come nausea, sudorazione intensa, vomito e diarrea.

In questo stadio la crisi che può manifestarsi anche  con la presenza di acufeni, ha una durata variabile da un minimo di venti minuti ad un massimo di tre ore. Al secondo stadio l’ipoacusia permane per più tempo anche se continua a mantenere un certo aspetto fluttuante.

All’esame audiometrico vengono evidenziate anomalie nella ricezione dei toni a bassa frequenza. Le crisi hanno un tempo più prolungato. Al terzo stadio c’è una quasi totale compromissione dell’udito e una contemporanea riduzione delle crisi di vertigini. Arriva però una grande alterazione dell’equilibrio.
La diagnosi della sindrome di Meniere si esegue attraverso vari esami, in primis neurologico. Serve in sintesi a valutare lo stato funzionale neurologico del paziente e per escludere che la sintomatologia possa avere un’origine diversa da quella dell’orecchio interno. C’è poi un esame audiometrico per valutare la qualità dell’udito del paziente. A seconda dello stadio in cui è la malattia si può avere un’ipoacusia transitoria (stadio I); sordità di tipo neuro sensoriale (stadio II) che determina compromissione nell’udito a bassa frequenza. Nel terzo stadio c’è una grave compromissione dell’udito.

Si procede poi ad una elettrococlegrafia (un’indagine che misura le attività elettriche del nervo acustico) e ad una risonanza magnetica dell’orecchio interno del labirinto che si esegue per accertarsi che non vi siano altre patologie.

L’unica diagnosi certa della sindrome di Meniere è quella che si esegue post mortem, con un’autopsia e che naturalmente in questo caso non ci interessa. La sindrome è di per sé piuttosto difficile da capire e diagnosticare, per questo si parla di una sindrome di Meniere definita (diagnosticata in base all’esame audiometrico da eseguirsi dopo due crisi sintomatiche) o sindrome di Meniere probabile, che viene diagnostica in base alla presenza di crisi vertiginose, acufeni e ipoacusia non duratura ma variabile nel tempo.  

La cura della sindrome di Meniere può percorrere diverse strade. Il medico può prescrivere ad esempio una terapia farmacologica per il trattamento della sindrome. L‘assunzione di medicine serve per lo più ad abbassare la pressione e attenuare i sintomi vertiginosi. In generale è utile limitare l’aumento di volume dell’endolinfa, per cui si usano diuretici per aumentare lo smaltimento di acqua dall’organismo; cortisone e altri steroidi che si somministrano direttamente nell’orecchio interno per diminuire l’infiammazione; antistaminici che si utilizzano nel caso in cui la sindrome sia legata a fenomeni che causano il rilascio di stamina e sono utili in particolare per ridurre le vertigini; antiemetici per controllare in particolare il vomito. Il più utilizzato è il plasil. Gli antibiotici, in particolare la gentamicina, vengono somministrati mediante infiltrazioni direttamente a livello dell’orecchio medio per ridurre la sintomatologia complessiva.

Per la cura degli acufeni legati alla sindrome di Meniere e non solo è possibile utilizzare il metodo TRT che associa l’utilizzo di un generatore di rumore a una terapia riabilitativa e richiede la collaborazione di uno specialista otorinolaringoiatra e di un audioprotesista.


Si tratta di una terapia che non richiede farmaci e non fa alcun danno ai pazienti e che riduce il fastidioso rumore alle orecchie nell’80 per cento dei casi.

Per quanto riguarda le vertigini, è molto utile anche la pedana stabilometrica computerizzata, unico strumento in grado di valutare scientificamente la strategia posturale del paziente, con riferimento particolare al baricentro e ai movimenti del corpo. Il medico può somministrare anche farmaci in grado di ridurre i giramenti di testa e le vertigini oltre che consigliare esercizi rieducativi.

Le terapie medico chirurgiche vanno da dispositivi per il trattamento dell’ipoacusia all’installazione di un impianto cocleare, un orecchio artificiale che consente di sentire nuovamente i suoni. In mezzo ci sono diversi trattamenti, sempre a seconda dei sintomi e dello stadio a cui è la malattia, come l’utilizzo della camera iperbarica per il drenaggio dell’endolinfa in eccesso.

Gli interventi chirurgici sono di due tipi: neurectomia vestibolare che si esegue in anestesia totale e serve a rimuovere una parte del nervo vestibolare che, così, non manderà più impulsi al cervello ed eliminare le vertigini; labirintectomia: da utilizzare solo in casi estremi perché si rimuove il labirinto e l’udito si perde totalmente.

C’è però una nuova terapia che proviene direttamente dagli Stati Uniti dove a circa 50mila persone è stata diagnostica questa sindrome. Si chiama dispositivo Meniett e prevede l’utilizzo di un generatore di impulsi a bassa pressione che serve a trattare i sintomi di questa patologia. Le frequenze, a bassa frequenza e di bassa ampiezza, all’orecchio medio del paziente favoriscono l’evacuazione del liquido endolinfatico che attenuano i sintomi causati al paziente dalla malattia. L’utilizzo del nuovo dispositivo prevede l’apposizione di un drenaggio trans timpanico, facilmente eseguibile in ambulatorio, in anestesia locale, senza alcuna complicanza.

I tubi di ventilazione utilizzati si inseriscono nella membrana attraverso una piccola incisione e il loro scopo è quello di aerare l’orecchio per consentire l’eliminazione di tutte le secrezioni. In questo modo la mucosa infiammata guarisce. Molto utilizzati in caso di otite, sono fondamentali per l’utilizzo del dispositivo Meniett. L’operazione può durare dai 10 ai 15 minuti. Viene utilizzato un tubo di ventilazione a permanenza che aiuta il deflusso dei liquidi. Attraverso questo drenaggio, gli impulsi del dispositivo di Meniett raggiungono l’orecchio medio migliorando l’equilibrio della pressione dei liquidi nell’orecchio interno. In questo modo si determina la remissione dei sintomi senza causare effetti collaterali. Si eseguono tre cicli di trattamento di un minuto ciascuno, separati da pause di 40 secondi. In generale la terapia prevede tre trattamenti al giorno. Si tratta di un’alternativa molto valida alla terapia chirurgica che, come abbiamo visto, è demolitiva e invasiva.

A cura del Dott. Alessandro Valieri, specialista in otorinolaringoiatria